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La e-mail è morta. Viva il social!

Viva il socialLo spunto per questo articolo me lo ha dato mia figlia, 15 anni, studente in un liceo linguistico. Un giorno, dopo l’ennesima foto che le inviavo via mail, le ho chiesto: “Ma tu non la controlli mai la mail?” e lei mi ha risposto candidamente: “Papà, la mail è per vecchi! Noi utilizziamo Facebook e Watsapp!!!”. A parte lo stato di depressione profonda in cui questa affermazione mi ha trascinato, ho cominciato a riflettere sulla cosa: le nuove generazioni preferiscono la comunicazione “uno a molti” rispetto a quella “uno ad uno” (o one to one se vogliamo scomodare la lingua di Albione). Del resto lo stato delle cose l’ha provato sulla sua pelle proprio il liceo dove mia figlia studia: un primo mezzo di comunicazione scuola-studenti basato sulla mail è immediatamente naufragato. Nel frattempo gli studenti si erano già creati un gruppo su WatsApp dove tutt’ora si scambiano informazioni, compiti e dettagli sulle lezioni.

Non vorrei qui soffermarmi sul perché di questa scelta ma piuttosto sul fatto che questa modalità verrà riversata anche sulle aziende, una volta che i nostri figli saranno entrati nel mondo del lavoro. Di fatto le community sono il mezzo scelto dai nativi digitali per comunicare e questo fatto porterà inevitabilmente ad un ripensamento profondo non solo delle modalità di comunicazione utilizzate in azienda ma anche della sua organizzazione.

Abbiamo già parlato dei benefici che una community può portare nella comunicazione aziendale, e in particolar modo della pletora di e-mail che possono essere evitate grazie all’allestimento di ambienti collaborativi. Tra dieci anni (o anche meno) le community saranno il principale mezzo di interazione in quanto i nativi digitali faranno loro da volano. Io vedo la e-mail relegata al ruolo di fax del futuro: un mezzo utilizzato unicamente per quegli scambi in cui sia necessaria un’ufficialità del documento. Tutto il resto sarà community.

Nel cambiamento epocale al quale stiamo già assistendo, la possibilità di abilitare ed animare una community sarà potenzialmente associata ad ogni dipendente, per cui probabilmente non esisterà neanche più il community manager interno come figura aziendale. Credo piuttosto che si verrà a delineare un nuovo ruolo che si occupi del coordinamento, della definizione delle linee guida e della promozione dell’attività collaborativa. In buona sostanza io vedo nel futuro una figura che lavori all’interno del team HR e che si dedichi più a formare i potenziali Community Manager identificati in azienda piuttosto che gestire le community in prima persona. Mi piace chiamare questa figura Community Evangelist, nome al quanto ieratico ma che esprime bene quanto esposto sopra.

Indipendentemente dal fatto che si verifichi o meno tutto ciò, la "Generazione S" (“S” come Social) rivoluzionerà sicuramente tutto. Le aziende dovrebbero quindi prepararsi a questo cambiamento epocale cominciando a diffondere sin da ora la cultura della condivisione e cominciando subito (se non l’avessero già fatto) a sperimentare dinamiche di community all’interno dell’azienda.