Social Media Policy: siamo davvero sul binario giusto?

Social MediaQualche settimana fa abbiamo tutti sentito di quel tizio che ha aggredito un coetaneo in Sardegna massacrandolo di botte. Qualche giorno dopo quattro ragazzi calabresi hanno ammazzato un cane (poi soprannominato Angelo) a colpi di mazza ferrata, probabilmente come punizione per aver causato la morte di due capre.

Cos'hanno in comune questi due episodi è ormai noto: in tutti e due i casi i protagonisti hanno pubblicato su Facebook il video della deplorevole azione, dando di fatto alle autorità la prova del misfatto.

La questione (al di là della critica personale alle azioni compiute) ci porta ad una riflessione su come Facebook e compagnia bella siano utilizzati spesso in maniera indiscriminata, senza minimamente tener conto di quanto incida un video, una foto o anche solamente uno scritto sulla nostra reputazione in Rete. E questo fatto risulta ancora più evidente soltanto facendo un giro sui social media: foto di gente ubriaca, di papà che fanno guidare bambini, di gente che fuma marijuana e quant'altro.

Non sono un bacchettone, quindi molte di queste cose non mi causano certamente dolori lancinanti allo stomaco. Anzi, penso che la maggior parte di queste azioni siano veramente i classici "peccati veniali" che hanno più a che fare con serate di baldoria che con atti criminali. Spesso però vedo in bella mostra sui profili di queste persone la classica dicitura "Lavora presso Xxxxx", dove al posto delle x in tal caso vi sono brand anche abbastanza importanti. E questa cosa può estendere il problema anche all'azienda che da' lavoro a questi soggetti, soprattutto quando essi intervengono in discussioni legate in qualche modo all'azienda stessa.

È ormai molto tempo che cerco di sottolineare l'importanza per le aziende di creare una Social Media Policy che abbia l'obbiettivo di consigliare i collaboratori riguardo a come utilizzare i social network. E, si badi bene, l'obiettivo dovrebbe essere proprio quest'ultimo e non tendere a salvaguardare l'azienda a livello legale creando un tomo di regole in legalese stretto.

La cosa migliore da fare, a mio parere, è definire un testo comprendente alcune semplici regole, molto essenziali, elaborato in collaborazione con un Social Media Manager di esperienza, a comporre un testo che ricordi al collaboratore quanto l'azienda dipenda da esso, soprattutto in termini di brand reputation. Gli Stati Uniti sono (come sempre) più avanti di noi in questo campo, e molte aziende hanno fatto dell'evangelizzazione su questi temi un proprio cavallo di battaglia.

Quante aziende in Italia hanno una Social Media Policy? Molto poche. E di solito il testo è più incentrato sulla gestione delle pagine ufficiali che sull'utilizzo dei social media da parte di tutti i collaboratori. E nel caso sia prevista una parte a loro dedicata, l'obiettivo è sempre quello di salvaguardare l'azienda stessa a livello legale e non di informare sull'utilizzo responsabile del mezzo, cosa che inevitabilmente incrementa il numero di pagine e la complessità del testo stesso a tutto discapito della comprensione.

Forse dovremmo davvero cominciare a fare una riflessione profonda e procedere su questi temi in maniera un po' più social!

Image courtesy of Stuart Miles at FreeDigitalPhotos.net

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